Studio Associato Busi

Decreto Salva Casa 2024

Decreto Salva Casa 2024

Quali irregolarità possono essere sanate con il “decreto salva casa 2024”?

Ecco le tre tipologie di difformità (o tre livelli crescenti di irregolarità) che potranno essere sanate con il condono edilizio 2024:

  • le difformità formali, derivanti da incertezze interpretative della disciplina vigente rispetto alla dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile;
  • le difformità edilizie interne (cd. “tolleranze costruttive”), risultanti da interventi spesso stratificati nel tempo, realizzati dai proprietari dell’epoca in assenza di formale autorizzazione o segnalazione, rendendo oggi difficile comprovare lo stato legittimo dell’unità immobiliare;
  • le difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi, a causa della disciplina della “doppia conformità” che, richiedendo la conformità alla disciplina edilizia vigente sia al momento di realizzazione dell’intervento sia al momento della richiesta del titolo, non consentono di conseguire il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi interventi qualificati come parziali difformità, risalenti nel tempo, pur se conformi agli standard urbanistici.

Le modifiche del “decreto salva casa 2024” al Testo Unico Edilizia

Alla luce delle misure adottate, il piano “decreto salva casa” apporta modifiche puntuali al D.P.R. 380/2001 con riferimento alle seguenti tematiche:

  • Edilizia libera;
  • Stato legittimo degli immobili;
  • Mutamento della destinazione d’uso;
  • Accertamento di conformità (superamento della doppia conformità e determinazione delle variazioni essenziali);
  • Parametrizzazione delle tolleranze costruttive;
  • Regolarizzazione delle varianti in difformità dal titolo rilasciato prima della c.d. legge Bucalossi;
  • Sanzioni per interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • Recupero sottotetti;
  • Agibilità/abitabilità.

Più attività in edilizia libera

Il decreto salva casa 2024 apporta modifiche significative all’art. 6, comma 1, del D.P.R. 380/01 Testo Unico dell’Edilizia (TUE) facendo rientrare in edilizia libera:

  • le vetrate panoramiche amovibili VePA (modifica alla lett. b-bis), art. 6, comma 1);
  • le opere per la protezione dal sole o da agenti atmosferici (introduzione della lett. b-ter), art. 6, comma 1).

VePA

Il decreto prevede la possibilità di installare vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, anche per la chiusura dei porticati, ossia “tutti quegli elementi edilizi coperti al piano terra degli edifici, intervallati da colonne o pilastri e aperti su uno o più lati verso l’esterno dell’edificio” rientranti all’interno dell’edificio.

E’ invece necessario ottenere un permesso per installare le VePA su porticati “gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche“.

Opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici

Per quanto riguarda le strutture di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, composte principalmente da tende, il nuovo comma b-ter individua varie tipologie, tra cui:

  • tende;
  • tende da sole;
  • tende da esterno;
  • tende a pergola, anche pergole bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili.

Queste strutture possono essere realizzate in regime di edilizia libera, a patto che vengano rispettate alcune condizioni specifiche. Innanzitutto, devono essere addossate o annesse agli edifici o alle unità immobiliari, anche se richiedono strutture fisse per il loro sostegno e l’estensione.

È fondamentale che non creino uno spazio chiuso in modo permanente, in modo da evitare variazioni di volumi e superfici. Inoltre, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e un’estetica tali da minimizzare l’impatto visivo e l’ingombro apparente. Infine, devono integrarsi armoniosamente con le linee architettoniche preesistenti degli edifici. 

Nuove regole per attestare lo stato legittimo

Il D.L. 69/2024 apporta modifiche significative all’articolo 9-bis del D.P.R 380/2001 riguardante la disciplina relativa alla documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili al fine di semplificare la verifica della conformità legale di un immobile, o di una sua parte.

Con il decreto salva casa lo stato legittimo di un immobile o di una singola unità immobiliare può essere dimostrato attraverso:

  • eventuali titoli successivi che hanno autorizzato interventi parziali  “a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi“;
  • titoli rilasciati a seguito di procedimenti per l’accertamento di conformità in sanatoria ai sensi degli articoli 36 e nuovo 36-bis (previo pagamento delle sanzioni/oblazioni);
  • il pagamento della sanzione pecuniaria dovuta a seguito di annullamento del permesso di costruire (che, come indicato all’articolo 38 comma 2, produce gli stessi effetti del permesso di costruire in sanatoria).

Le modifiche consentono di semplificare il riconoscimento dello stato legittimo dell’immobile, soprattutto nei casi in cui si è in presenza di difformità formali, stabilendo che lo stesso possa essere comprovato alternativamente in base al titolo originario che ha permesso la sua costruzione ovvero da quello conseguito in seguito ad eventuali interventi costruttivi sul medesimo, in tal modo superando le difficoltà, riscontrate a legislazione vigente, nel comprovare lo stato legittimo degli edifici, soprattutto in riferimento agli immobili di passata realizzazione per i quali i titoli abilitativi risalgono ad epoche risalenti nel tempo.

Per le medesime finalità, si prevede, inoltre, che, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni, siano ricompresi tra i predetti titoli abilitativi anche quelli rilasciati o formati nei casi di accertamento di conformità (articoli 36 e 36-bis del TUE) ovvero i casi di interventi eseguiti in base a permesso annullato (articolo 38 del TUE).

Stato legittimo e parti comuni

Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo della singola unità immobiliare, non rilevano le difformità e gli abusi presenti sulle parti comuni dell’edificio (pertanto non possono bloccare i lavori di riqualificazione di un appartamento.

Allo stesso modo le irregolarità presenti su un singolo immobile non hanno rilevanza sullo stato legittimo dell’edificio (e pertanto non possono intralciare la ristrutturazione delle parti condivise dell’edificio).

Sanzioni e concorso in stato legittimo

Il nuovo art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia, come modificato dal decreto salva-casa, stabilisce che concorrono allo stato legittimo anche il pagamento delle sanzioni di cui agli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 4, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis.

Si tratta dei casi seguenti:

  • la sanzione alternativa alla demolizione nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • la sanzione alternativa alla demolizione nel caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • la sanzione prevista per gli interventi realizzati in assenza o difformità dalla SCIA leggera;
  • la sanzione prevista per gli interventi di restauro e di risanamento conservativo realizzati in assenza di SCIA su immobili vincolati o non vincolati ma compresi in ZONA A;
  • la sanzione prevista in caso di SCIA tardiva;
  • la dichiarazione di un tecnico abilitato relativa alle tolleranze costruttive-esecutive.

Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 1-bis, secondo cui per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Tali disposizioni si applicano anche nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Cambio di destinazione sempre consentito

Sono introdotte modifiche all’articolo 23-ter del D.P.R. 380/2001 in materia di mutamento d’uso urbanisticamente rilevante volte ad agevolare i cambi di destinazione d’uso di singole unità immobiliari, specialmente all’interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell’indifferenza funzionale tra destinazioni d’uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale.

In particolare, è sempre consentito il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare (con e senza opere), nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, nei seguenti casi:

  • all’interno della stessa categoria funzionale (1-bis);
  • tra le categorie funzionali relative alla categoria: residenzialeturistico-ricettivaproduttiva e direzionale e commerciale (articolo 23-ter, comma 1, lettere a), a-bis), b) e c)) di una singola unità immobiliare in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (comma 1-ter).

In relazione a tale ultima fattispecie, si precisa che per le singole unità immobiliare il mutamento di destinazione d’uso è sempre consentito qualora il mutamento finalizzato alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare sia conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile.

Si chiarisce che sono considerati “senza opere“ i cambiamenti di destinazione d’uso che non richiedono lavori di costruzione e che rientrano quindi in edilizia libera.

Se il mutamento richiede, invece, modifiche strutturali, esso non rientra in questa categoria.

Inoltre, si dispone che il mutamento non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968 e dalle disposizioni di legge regionale né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150.

Resta fermo l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, ove previsto dalle leggi regionali. Infine, viene data la possibilità di modificare la destinazione d’uso di primi piani e seminterrati.

I cambi di destinazione d’uso sono soggetti al rilascio dei seguenti titoli:

  • Segnalazione Certificata di Inizio Attività nel caso in cui non ci siano opere edilizie;
  • titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al cambio di destinazione d’uso nei restanti casi.

Superamento della doppia conformità

Per sanare gli interventi realizzati in parziale difformità e le variazioni essenziali dai titoli depositati in Comune non sarà più necessario rispettare la doppia conformità urbanistica ed edilizia, cioè il rispetto sia alle norme del tempo della realizzazione che della presentazione della domanda.

Per effetto delle nuove disposizioni – nei casi di parziale difformità o variazione essenziale – il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, può ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme:

  • alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
    e
  • ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Resta invece confermata la disciplina vigente dell’accertamento di conformità ai sensi della “doppia conformità” nei casi di assenza o totale difformità rispetto al permesso di costruire o alla segnalazione certificata inizio attività.

L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione attestante lo stato legittimo dell’immobile (informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato).

Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità.

Il permesso di costruire è rilasciato dallo Sportello unico edilizia. In sede di esame delle richieste di permesso, lo Sportello unico edilizia può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza

La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità (per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento).

Cosa sono le variazioni essenziali

Le variazioni essenziali sono modifiche importanti al titolo, come:

  •  mutamenti della destinazione d’uso che implicano una variazione degli standard urbanistici;
  •  aumenti consistente di cubatura o di superficie da valutare in relazione al progetto approvato;
  •  modifiche sostanziali dei parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato o della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
  •  mutamenti delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
  •  violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica.

Con il decreto salva casa le variazioni essenziali possono essere sanate se contemporanee al titolo e conformi alla normativa edilizia del tempo dell’intervento e a quella urbanistica della domanda di sanatoria.

Silenzio-assenso sulle richieste di sanatoria

Con il “decreto salva casa” si supera il silenzio rigetto e si introduce il silenzio assenso sulle richieste di sanatoria. In particolare, sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Per le segnalazioni di inizio attività, si applica il termine di 30 giorni.

Per gli immobili con vincoli paesaggistici sopravvenuti sarà possibile chiedere una valutazione previa presentazione dell’autorizzazione paesaggistica. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.

In ogni caso è previsto il pagamento di una sanzione in relazione all’entità dell’abuso da sanare.

Tolleranze costruttive riparametrate

Il “decreto salva casa” introduce significative modifiche alle tolleranze costruttive, ovvero le difformità edilizie consentite entro determinati limiti.

In relazione agli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, le tolleranze costruttive sono riparametrate in misura inversamente proporzionale alla superficie utile. Pertanto, minore è la superficie utile maggiore è il limite consentito percentualmente.

La misura consente di tenere conto, nell’ambito della definizione della tolleranza, di discostamenti minimi rispetto alle caratteristiche costruttive previste nei titoli abilitativi che, se considerate su superficie di modesta entità, possono impattare, seppur minime, per più del 2 per cento del totale.

Più nello specifico, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari previsto dal titolo abilitativo non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i seguenti limiti:

  • del 2% per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
  • del 3% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
  • del 4% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
  • del 5% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.
  • del 6% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60metri quadrati.

Tolleranze esecutive

Ulteriori disposizioni riguardano le tolleranze esecutive (o di cantiere), ovvero le irregolarità geometriche, le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi.

La norma (articolo 34-bis, comma 2 D.P.R. 380/2001) richiede la riconducibilità specifica a opere di maggior portata che possano aver generato incertezze esecutive: occorre quindi un cantiere di lavoro, attivato per attuare un titolo edilizio. Le difformità di cantiere sono quei minimi scostamenti che possono avvenire in sede di tracciamento o rifinitura.

Si prevede che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 costituiscono tolleranze esecutive nei seguenti casi:

  • minore dimensionamento dell’edificio;
  • mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
  • irregolarità geometriche e modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e difforme ubicazione delle aperture interne;
  • difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
  • errori progettuali corretti in cantiere e errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, il tecnico dovrà attestare che gli interventi rispettino le prescrizioni di cui alla sezione I del Capo IV della Parte II del D.P.R. 380/2001 in materia di normativa per le costruzioni in zone sismiche.

La nuova norma sulle tolleranze esecutive intende regolarizzare in automatico i piccoli scostamenti legati alla realizzazione materiale delle opere, se presenti sin dalla realizzazione dell’immobile.

Vengono sanati ad esempio il minore dimensionamento degli elementi presenti negli immobili e gli errori di esecuzione (pareti in una posizione differente o con una forma diversa rispetto a quanto autorizzato, finestre collocate in una posizione diversa o leggermente più grandi, le nicchie o per le porte interne, anch’esse spostate rispetto ai documenti ufficiali).

Varianti in corso d’opera del titolo rilasciato prima di gennaio 1977

Introdotto il nuovo articolo art. 34-ter del D.P.R. 380/2001 che prevede la possibilità di regolarizzare gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima di gennaio 1977, anche se non rientrano nelle tolleranze già previste.

Per dimostrare l’epoca di realizzazione dei lavori si possono usare come prove informazioni catastali, riprese fotografiche, estratti cartografici, documenti d’archivio, altri atti pubblici o privati.

In alternativa, un professionista può attestare l’anno dei lavori, sotto la propria responsabilità. Per sanare l’abuso il proprietario potrà presentare una Scia e pagare una sanzione.

Anche le parziali difformità realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, che siano state esaminate dai funzionari del Comune in fase di rilascio dell’abitabilità ma che non siano state contestate, potranno essere sanate come tolleranze costruttive (senza pagamento di una sanzione).

Abitabilità: requisiti ridotti e applicazione delle tolleranza

Sono superati i requisiti per l’abitabilità del 1975 ed è consentito al progettista responsabile di asseverare la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:

  • locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
  • alloggio monostanza, per una persona, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, e, per due persone, inferiore a 38 metri quadrati fino al limite massimo di 28 metri quadrati.

Ai nuovi parametri di abitabilità sono applicate le tolleranze al 2% .

L’asseverazione può essere resa ove sia soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, e sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

  • i locali siano situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
  • sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Recupero sottotetti

Al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo, il recupero dei sottotetti è comunque consentito, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.

Sanzioni più leggere, i nuovi costi

Sono state riviste al ribasso le sanzioni pecuniarie per il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria.

Permesso di costruire in sanatoria

Il rilascio del PdC in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo pari al doppio del contributo di costruzione.

Questo significa che, se un intervento edilizio è stato realizzato in modo non conforme, il soggetto responsabile deve pagare una somma che equivale a due volte l’importo normalmente dovuto come contributo di costruzione.

Nel caso in cui il contributo di costruzione sia gratuito per legge, la sanzione sarà determinata in base a quanto previsto dall’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 (contributo per il rilascio del permesso di costruire), incrementato del 20% se l’intervento è stato realizzato in parziale difformità del permesso di costruire. Questo incremento si applica anche in caso di variazioni essenziali, come definite dall’articolo 32.

L’incremento del 20% non si applica invece se l’intervento è conforme alla normativa urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione che al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

SCIA in sanatoria

Il rilascio del SCIA in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, calcolato dall’Agenzia delle Entrate. Questa sanzione si applica nei casi disciplinati dall’articolo 37 del D.P.R. 380/2001.

L’importo della sanzione, determinato dal responsabile del procedimento, non può essere inferiore a 1.032 euro e superiore a 10.328 euro.

Qualora l’intervento risulti conforme alla normativa urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, l’importo della sanzione è stabilito in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro.

Anche nel caso in cui venga accertata la compatibilità paesaggistica di un intervento edilizio, si applica una sanzione pecuniaria determinata sulla base di una perizia di stima. Tale sanzione corrisponde al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito.

Se la domanda di sanatoria o di compatibilità paesaggistica viene rigettata, si applica la sanzione demolitoria prevista dall’articolo 167, comma 1, del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Ulteriori sanzioni

  • in caso di interventi edilizi in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (art. 37), la sanzione pecuniaria passa dal doppio al triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e con importo non inferiore a 1.032 euro.
  • in caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34), è prevista la rimozione o la demolizione. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al triplo del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al triplo del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Abusi edilizi di massima gravità: sanzioni alternative alla demolizione

Il “decreto salva-casa 2024” apporta modifiche anche all’articolo 31 del testo unico edilizio in tema di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.

Si prevede che:

  • l’opera acquisita può essere demolita, previo parere delle amministrazioni competenti, purché la demolizione non contrasti, oltre che con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, anche con rilevanti interessi culturali e paesaggistici, previa acquisizione degli assensi, concerti  o nulla-osta comunque denominati dalle amministrazioni competenti;
  • nel caso in cui l’opera non contrasti con rilevanti interessi culturali, paesaggistici, urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il Comune (previo parere delle amministrazioni competenti) può provvedere all’alienazione del bene e dell’area di sedime (che ai sensi del comma 3 sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune), condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive.

Su punto, occorre precisare che:

  • l’alienazione deve avvenire nel rispetto delle Disposizioni in materia di alienazione degli immobili di proprietà pubblica di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
  • alla procedura di alienazione non può partecipare il responsabile dell’abuso.

Il valore venale dell’immobile è determinato dall’agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.

Sblocca incompiute: le novità del salva casa

I Comuni potranno utilizzare, in misura pari ad un terzo, i fondi derivanti dalla regolarizzazione delle irregolarità urbanistiche:

  • per la demolizione delle opere abusive presenti sul territorio comunale;
  • per il completamento o la demolizione delle opere pubbliche comunali incompiute;
  • per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, anche finalizzati all’incremento dell’offerta abitativa, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale ovvero per il consolidamento di immobili per la prevenzione del rischio idrogeologico.

Tempi di rimozione degli abusi edilizi

Con riferimento alle ordinanze contenenti l’ingiunzione di rimuovere gli abusi edilizi, l’amministrazione locale può disporre un rinvio fino a 240 giorni (rispetto ai canonici 90) “nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti negli immobili all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico“.

Decreto salva-casa: sanatoria permanente o condono edilizio?

Nelle intenzioni del legislatore, il “decreto salva-casa” sancisce una nuova “pace edilizia” e un’ampia sanatoria permanente per piccoli abusi nel settore edilizio allo scopo di tutelare i piccoli proprietari immobiliari (che in molti casi attendono da decenni la regolarizzazione delle loro posizioni poiché, a causa delle irregolarità, non riescono, spesso, a ristrutturare o vendere la propria casa), deflazionare il lavoro degli uffici tecnici comunali (spesso sommersi dalle richieste di sanatorie), semplificare le procedure amministrative (per garantire ai cittadini risposte certe in tempi certi) e mettere in regola la propria abitazione (garantendo sicurezza e conformità agli standard attuali del settore edilizio).

Si scrive Piano “decreto salva-casa”, ma si legge condono edilizio / sanatoria? Lasciamo al lettore il giudizio, ricordando solo che:

  • il condono edilizio è un provvedimento giuridico adottato dal governo o dall’autorità locale che consente di sanare irregolarità edilizie esistenti entro una certa data;
  • la sanatoria edilizia è invece un processo continuo che permette la regolarizzazione degli abusi edilizi attraverso il pagamento di una sanzione.

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Decreto salva-casa: cosa ne pensano gli ordini professionali

In un comunicato congiunto del 17 luglio 2024 il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e il Consiglio Nazionale dei Geometri e GL auspicano che il Salva Casa sia il punto di partenza per una rapida quanto necessaria stagione di rinnovo del quadro Normativo urbano, non più procrastinabile e non curabile con interventi legislativi parziali.

Inoltre, con riferimento al nuovo art. 34-ter, chiedono la modifica del comma dove è prevista la procedura in cui il Tecnico incaricato sopperisce con propria dichiarazione all’acclarata impossibilità documentaria degli interventi; secondo gli enti, si tratta di un “affidamento improprio ai Professionisti tecnici considerato che la materia dei diritti giuridici esula in parte dalle competenze professionali”.

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